Il contributo regionale si somma ai 292,5 milioni di euro del PNRR e ai 2 miliardi di contributi statali a sostegno della costruzione del nuovo stabilimento integrato per dispositivi in carburo di silicio da 200 mm di Catania.
La giunta della Regione Sicilia ha approvato oggi una delibera che stanzia contributi per 300 milioni di euro a favore dello stabilimento catanese di STMicroelectronics.
“La Regione Sicilia contribuirà con 300 milioni di euro al contratto di sviluppo per il rilancio dello stabilimento STMicroelectronics“, ha dichiarato il presidente della Regione Renato Schifani. “Abbiamo fortemente voluto essere parte dell’accordo tra l’impresa e il ministero perché intendiamo svolgere un ruolo attivo in questo importante progetto che prevede l’impiego di 4,25 miliardi di euro nel territorio siciliano e la nascita di circa 3mila posti di lavoro di cui 1.240 identificati come qualificati e competenti. Si tratta, inoltre, di un impegno strategico, come riconosciuto anche dall’Unione europea, per l’importanza che i microchip hanno nell’economia mondiale”.
L’accordo tra la Regione Sicilia e STMicroelectronics verrà siglato domani al Ministero delle imprese e del made in Italy alla presenza del ministro Adolfo Urso e, su delega del presidente della Regione Sicilia, dall’assessore regionale all’Economia Alessandro Dagnino e dall’assessore alle Attività produttive Edy Tamajo.
Questo ulteriore contributo arriva in un momento di grave crisi per l’azienda italo-francese che ha chiuso il bilancio 2024 con un calo del fatturato del 23,2% e degli utili del 63%.
Ancora peggio sono andati i conti del primo trimestre 2025 che registrano un calo delle vendite del 27,3% e degli utili dell’89%.
Per fare fronte a questa situazione, l’azienda ha annunciato un piano di taglio dei costi di circa 700-800 milioni di dollari per il triennio 2025-2027 che comprende 2.800 esuberi a livello globale, 800 dei quali dovrebbero riguardare il sito produttivo di Agrate Brianza.
L’azienda ha altresì annunciato il ridisegno della presenza produttiva globale di ST: in Francia intorno alle tecnologie digitali, in Italia intorno alle tecnologie analogiche e di potenza, e a Singapore sulle tecnologie mature.
In particolare, Catania continuerà a rappresentare un centro di eccellenza per i dispositivi di potenza e semiconduttori WBG (SiC e GaN). Lo sviluppo del nuovo campus dedicato alla tecnologia SiC prevede l’avvio della produzione su wafer da 200 mm per il quarto trimestre del 2025, rafforzando la leadership di ST nelle tecnologie di potenza di nuova generazione. Le risorse che supportano le attuali capacità di Catania sui 150 mm e l’EWS saranno rifocalizzate sulla produzione di semiconduttori di potenza in silicio e SiC da 200 mm, compresa la tecnologia GaN-su-silicio, rafforzando la leadership di ST nelle tecnologie di potenza di prossima generazione.
STMicroelectronics ha confermato anche il livello degli investimenti per i prossimi due anni in Italia e Francia (complessivamente 2-2,3 miliardi di dollari all’anno).
Le contraddizioni di STMicroelectronics
Gli impegni presi dall’azienda durante l’incontro al Ministero delle imprese e del Made in Italy dello scorso 10 aprile si scontrano, purtroppo, con la realtà di un mercato industriale e dell’automotive in grande sofferenza. Complessivamente questi due mercati rappresentano il 70% circa delle vendite di ST.
Se gli attuali livelli di fatturato e, soprattutto, di profitto e di generazione di cassa, continueranno ancora per qualche trimestre, ST potrebbe trovarsi costretta a rallentare gli investimenti nonostante l’ottima posizione finanziaria netta (attualmente di oltre 3 miliardi di dollari) e il taglio dei costi annunciato.
Tuttavia, se poco si può fare per ridare vigore ad una domanda globale di semiconduttori che ha colpito (seppure in misura minore) anche i competitor di ST, quello che appare in palese contraddizione con le rassicurazioni sugli stabilimenti europei è l’impegno profuso dall’azienda per creare, insieme a partner locali, una catena produttiva in Cina.
La strategia China-for-China annunciata da STMicroelectronics intende mantenere la quota di mercato in Cina dell’azienda (attualmente superiore al 20%) fabbricando in loco i chip grazie ad accordi con le foundry locali ed investimenti specifici.
La motivazione dell’azienda è molto semplice: “O così, o perdiamo quel mercato”.
Anche ammesso che ciò sia vero, e che nel complesso il business dell’azienda ne possa trarre beneficio, è evidente che affidare parte della produzione a partner cinesi azzopperà la capacità produttiva italiana e francese. Se la produzione di chip in Italia e in Francia è già in sofferenza per il calo della domanda generale, eliminare anche la quota di chip destinata alla Cina riduce ulteriormente l’attività delle fabbriche europee.
A tutto ciò va sommato lo scontro tra le due anime dell’azienda, quella italiana e quella francese, sfociato recentemente nella bocciatura del rappresentante italiano all’interno del Consiglio di Sorveglianza a cui ha fatto seguito la richiesta di dimissioni del CEO Jean-Marc Chéry da parte del Ministro dell’Economia italiano Giancarlo Giorgetti che ritiene Chéry responsabile della crisi dell’azienda.
Le due componenti si preparano ad affrontarsi durante l’Assemblea Generale dei soci in programma il 28 maggio ad Amsterdam che non promette nulla di buono a meno che gli incontri riservati in corso tra le due parti non portino ad una scelta condivisa sul futuro management e, soprattutto, sulla strategia industriale dell’azienda da molti ritenuta troppo filo-cinese.