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Il decreto-legge di agosto mette la parola fine alla fabbrica italiana di Intel

Una parte consistente delle risorse stanziate dal governo Draghi per convincere Intel a realizzare uno stabilimento nel nostro paese verrà utilizzata per altri interventi nel settore della microelettronica.

Agli inizi del 2022, quando Intel comunicò che era in trattative con le autorità italiane per l’apertura di uno stabilimento per la produzione di semiconduttori (per la precisione un impianto di packaging avanzato), il governo italiano, presieduto allora da Mario Draghi,  stanziò 4,15 miliardi di euro a sostegno di tale iniziativa.

Il Decreto-Legge 17 del 1 marzo 2022 prevede infatti uno stanziamento di 150 milioni di euro per l’anno 2022 e 500 milioni per ciascuno degli anni dal 2023 al 2030; scopo del provvedimento era quello di “…promuovere la ricerca e lo sviluppo della tecnologia dei microprocessori…”.

Anche se nel provvedimento il nome di Intel non compare, per le modalità, l’importo e la tempistica, lo stanziamento era chiaramente destinato a chiudere l’accordo con l’azienda californiana per realizzare nel nostro paese un impianto produttivo all’avanguardia.

D’altra parte, Pat Gelsinger, CEO di Intel, lo aveva detto chiaramente: siamo disponibili ad aumentare la nostra capacità produttiva di semiconduttori in Europa e negli Stati Uniti a patto che i paesi dove andremo ad operare finanzino (direttamente, con sussidi o con bonus fiscali) per il 50% il costo dei nuovi impianti. Tutto ciò per poter combattere ad armi pari l’industria asiatica dei semiconduttori che, secondo Gelsinger, viene supportata dai governi locali con forti sussidi e incentivi.

Da allora, dell’impianto italiano non si è saputo più nulla, salvo indiscrezioni di ogni genere, ad iniziare da quelle sulla località dove sarebbe sorto lo stabilimento.

L’ultima volta che il governo è intervenuto ufficialmente sull’argomento è stato durante la conferenza stampa di fine anno 2023 del Presidente del Consiglio. In quella occasione, Giorgia Meloni disse che avrebbe chiesto un incontro con i vertici di Intel per capire se c’era ancora la volontà dell’azienda di realizzare nel nostro paese l’impianto promesso.

Nulla è trapelato su questi incontri, e nessuna nuova comunicazione è arrivata, né dal governo italiano né da parte di Intel; quest’ultima, nel frattempo, ha deciso di incrementare a 30 miliardi di euro l’investimento nell’area di Magdeburgo, in Germania, e ha annunciato un impianto di packaging in Polonia per un impegno di 4,6 miliardi di dollari.

Recentemente, anche TSMC è sbarcata in Europa, annunciando un nuovo stabilimento, sempre in Germania, in collaborazione con Bosch, Infineon e NXP. La possibilità che TSMC aprisse uno stabilimento nel nostro paese era stata ipotizzata dopo la visita di alcuni mesi fa a Taiwan di una delegazione del ministero delle Imprese e del Made in Italy guidata dal ministro Adolfo Urso.

Proprio il ministro Urso ha annunciato, a causa di questo clima di incertezza sugli investimenti italiani, la presentazione entro la fine dell’estate di un Piano Nazionale della Microelettronica: “A questo scopo stiamo inoltre preparando il piano nazionale della microelettronica che sarà alla base del Chips act italiano, che presenterò in Consiglio dei ministri prima della pausa estiva“, aveva detto in più di un’occasione.



Invece del Piano nazionale è arrivato un decreto che stanzia incentivi per progetti di ricerca e sviluppo relativi al settore dei semiconduttori per 530 milioni di euro, precisamente 10 milioni di euro per il 2024, e 130 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2028. Questi importi vengono “scalati” dal fondo della “legge Draghi” la cui disponibilità passa dai 4,15 miliardi stanziati in origine, ai 2÷2,5 miliardi circa, in quanto, oltre a quelle descritte nel decreto, altre risorse sono già state utilizzate nel 2022-2023 o impegnate per gli anni successivi, come quelle destinate al Chips Joint Undertaking (progetti europei) per una cinquantina di milioni previste dallo stesso decreto-legge di agosto.

Molto probabilmente anche i 2 miliardi rimanenti verranno destinati a sostegno dell’industria nazionale della microelettronica e dei semiconduttori, in quanto insufficienti per iniziative su scala più ampia come il progetto del nuovo stabilimento di Intel.

Possiamo dunque dire addio ad Intel o ad altre iniziative di questa portata? Probabilmente sì, a meno che non si trovino nuove risorse, ipotesi alquanto improbabile in considerazione dell’attuale congiuntura.

Anche gli ingenti investimenti annunciati da Intel in Europa sembrano aver prosciugato le capacità finanziare dell’azienda che, per quanto riguarda le attività di packaging avanzato, potrà sfruttare i due mega stabilimenti di Magdeburgo.

Qualcosa di più lo sapremo quando il ministro Adolfo Urso presenterà il Piano nazionale della Microelettronica, più volte annunciato e ancora di là da venire. Nel frattempo, arrivano i provvedimenti “urgenti” che stanziano risorse già previste dalle precedenti leggi.



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