venerdì, Maggio 23, 2025
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Trump: o con noi o con la Cina. Cosa rischia STMicroelectronics

Trump Meloni: STMicroelectronics

Tra gli argomenti in discussione nell’incontro di oggi pomeriggio tra il presidente Donald Trump e Giorgia Meloni, potrebbe essere affrontato anche il tema degli investimenti cinesi di STMicroelectronics.

Isolare la Cina. È l’obiettivo finale emerso in questi giorni da tutte le iniziative prese da Donald Trump. Dai dazi imposti a tutti i paesi del mondo, alla volontà di annettere la Groenlandia, dall’atteggiamento amichevole nei confronti della Russia, alle minacce a Panama, il minimo comune denominatore sembra essere proprio quello di creare un cordone sanitario per isolare la Cina, la cui crescita economica, politica e militare è vista come la più grande minaccia alla supremazia globale degli Stati Uniti, supremazia mersa dopo la Seconda guerra mondiale e rafforzatasi con la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS.

Da questo punto di vista, la produzione di semiconduttori riveste un ruolo chiave, con gli Stati Uniti e i paesi alleati che possono vantare ancora un buon vantaggio nelle tecnologie più avanzate e nelle relative capacità produttive.

NVIDIA, Intel, TSMC e ASML dominano i rispettivi settori, mentre la Cina cerca, a partire dalle tecnologie mature, di ridurre il divario tecnologico e produttivo.

Le restrizioni all’esportazione di tecnologie avanzate nei confronti della Cina, introdotte dal primo governo Trump e poi ampliate dall’amministrazione Biden, non sempre hanno avuto successo, con la Cina che è riuscita, ad esempio, a fare incetta di processori NVIDIA per AI attraverso importazioni clandestine o ad acquistare quasi tutti i più avanzati sistemi litografici DUV prodotti da ASML, prima che anche queste macchine venissero sottoposte a restrizioni.

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La Cina ha anche condotto campagne di reclutamento non sempre trasparenti di tecnici specializzati, in particolare ingegneri taiwanesi e coreani, che hanno portato con sé, oltre alla propria esperienza, spesso anche segreti di natura industriale e commerciale.

Come risultato di tutti questi sforzi, la Cina è riuscita a produrre processori con nodo di processo a 5 nm e sta rapidamente raggiungendo l’autosufficienza nei nodi maturi.

Per questi motivi, l’amministrazione Trump sta cercando di convincere i paesi alleati a unirsi in questa azione di contenimento della Cina, utilizzando come arma di scambio i dazi.

E tra i paesi chiamati a partecipare a questa crociata c’è anche l’Italia, dove ha sede la multinazionale italo-francese STMicroelectronics, al centro dell’attenzione in questi giorni per i 2.800 esuberi previsti dal nuovo piano industriale 2025-2027.

Tra tutte le aziende globali di semiconduttori, STMicroelectronics è infatti l’unica ad aver annunciato una forte strategia per la Cina, che prevede nuovi investimenti e partnership sempre più strette con i produttori locali di semiconduttori.

Per questo motivo, il dossier STMicroelectronics potrebbe entrare nell’agenda dei colloqui tra Donald Trump e Giorgia Meloni nell’incontro di oggi pomeriggio alla Casa Bianca, insieme alla richiesta statunitense all’Italia di acquistare più gas e armi dagli Stati Uniti.
La materia potrebbe essre ripresa domani a Roma, in occasione della visita in Italia del vicepresidente americano J.D. Vance.

Le iniziative cinesi di STMicroelectronics appaiono infatti in palese contrasto con la volontà degli Stati Uniti di isolare sempre di più la Cina.

Su questo punto, Donald Trump sembra essere inflessibile, come dimostrano le recenti limitazioni relative alla fornitura alla Cina dei processori H20 di NVIDIA, appositamente depotenziati rispetto alla versione originale per poter essere venduti in quel mercato secondo le direttive della precedente amministrazione Biden. Ora, per Trump, anche questa versione va bloccata, non importa se la decisione comporterà mancate vendite fino a 5,5 miliardi di dollari per NVIDIA o se l’azienda si è impegnata a investire 500 miliardi di dollari in infrastrutture per l’AI negli Stati Uniti nel tentativo di convincere l’aministrazione americana ad attenuare queste misure.
Trump ha limitato l’esportazione anche dei processori MI308 di AMD: l’azienda ha dichiarato proprio oggi che questa decisione potrebbe causare un calo delle vendite pari a 800 milioni di dollari nel trimestre in corso.



La strategia “China-for-China” era stata annunciata da STMicroelectronics in occasione del Capital Market Day, a novembre dello scorso anno, con l’intento di creare un ecosistema locale di produzione per servire più efficacemente il vasto mercato cinese ed evitare problemi di natura geopolitica.

La motivazione dell’azienda è molto semplice: “O così, o perdiamo quel mercato”.

Un primo passo era già stato compiuto in precedenza dalla multinazionale italo-francese con la firma di un accordo con Sanan Optoelectronics per la produzione di dispositivi in carburo di silicio (SiC) a Chongqing, destinati esclusivamente al mercato locale; la joint venture tra le due società prevede un investimento complessivo di 3,2 miliardi di dollari.

Durante il Capital Market Day è stato annunciato l’accordo con la fonderia Hua Hong Semiconductor – la seconda più grande fonderia cinese – per la produzione di dispositivi logici; infine, poche settimane fa, è stato annunciato l’accordo con la cinese Innoscience, nella quale ST aveva in precedenza investito 50 milioni di dollari. L’accordo consentirà a Innoscience di utilizzare la capacità di produzione di front-end di ST al di fuori della Cina per i suoi wafer GaN, mentre ST potrà sfruttare la capacità di produzione front-end di Innoscience in Cina.

In molti hanno criticato la “svolta cinese” di STMicroelectronics; Alessandro Aresu, analista geopolitico ed esperto di strategie e politiche pubbliche, sostiene che nel lungo periodo questa strategia sia perdente: “Per quanto riguarda la collaborazione con la Cina, sono comunque contrario: l’obiettivo cinese è sempre internalizzare, per loro si è sempre e solo un taxi per arrivarci prima, qualunque garanzia venga data.”

Anche molti politici italiani e tutte le organizzazioni sindacali hanno espresso la loro contrarietà.

È evidente che tutti questi accordi non possono che rafforzare l’industria cinese dei semiconduttori, per cui è molto probabile che entrino nel mirino dell’amministrazione Trump, che potrebbe chiedere al governo italiano (e a quello francese) di intervenire per porre fine a questa collaborazione, anche in considerazione del fatto che STMicroelectronics ha come azionisti di riferimento proprio lo Stato italiano e quello francese, che controllano complessivamente il 27,5% dell’azienda.