Nel primo discorso al Congresso durante il suo secondo mandato, il presidente Donald Trump ha esortato i legislatori a cancellare il CHIPS Act, sostenendo che le aziende di semiconduttori stanno investendo negli Stati Uniti senza bisogno di sussidi governativi.
Nel suo discorso, durato oltre un’ora e mezza, Donald Trump ha parlato, tra le altre cose, anche del CHIPS and Science Act, sostenendo che si tratta di una legge inutile, i cui fondi andrebbero utilizzati per ridurre il debito nazionale. Ricordiamo che il CHIPS Act, dopo un travagliato iter, era stato approvato anche dai repubblicani, il partito di Trump.
Forte dell’accordo con TSMC appena sottoscritto, Trump ha affermato che è sufficiente la minaccia di dazi sulle importazioni di chip prodotti all’estero per convincere i produttori di semiconduttori a tornare (o iniziare) a produrre negli Stati Uniti.
Proprio per evitare che la nuova amministrazione bloccasse i fondi del CHIPS Act, durante le ultime settimane del suo mandato l’amministrazione Biden aveva finalizzato accordi per decine di miliardi di dollari. Tra i più importanti figurano quelli con TSMC per 6,6 miliardi, con Samsung per 4,75 miliardi, con Intel per 7,86 miliardi e con Texas Instruments per 1,6 miliardi.
Ad oggi, solo una piccola parte di questi fondi è stata erogata, poiché le sovvenzioni del CHIPS Act sono sempre legate all’avanzamento dei lavori, così come i contributi dei singoli Stati. E, come sappiamo, alcuni progetti sono stati rinviati o annullati.
“Il vostro CHIPS Act è una cosa orribile, orribile“, ha detto Trump a deputati e senatori del Congresso. “Noi diamo centinaia di miliardi di dollari e non significa niente… Non dobbiamo dargli soldi.”
Poi, rivolgendosi al presidente della Camera, Mike Johnson, ha aggiunto: “Dovresti sbarazzarti del CHIPS Act e tutto ciò che resta, signor Presidente, dovresti usarlo per ridurre il debito o per qualsiasi altro motivo tu voglia”.
Che Trump sia determinato a bloccare i fondi alle aziende di semiconduttori che operano sul suolo americano, a prescindere dalle decisioni del Congresso, lo suggeriscono i licenziamenti di gran parte del personale che supervisiona i finanziamenti del CHIPS Act presso il Dipartimento del Commercio, rendendo di fatto la legge inapplicabile.
Anche se le norme sul credito d’imposta del 25% sugli investimenti probabilmente rimarranno in vigore, ci si domanda quale sarà il destino dei progetti delle aziende americane che già operano negli Stati Uniti, come Intel, Micron e Texas Instruments, per non parlare delle aziende taiwanesi o coreane, la cui convenienza a produrre negli USA era in gran parte legata alle sovvenzioni pubbliche.
Dall’amministrazione Trump si sottolinea che i maggiori costi legati alla produzione negli Stati Uniti saranno comunque inferiori alle conseguenze dei dazi che peserebbero sui chip d’importazione.
Questa considerazione, che sembra aver convinto TSMC, verrà sicuramente valutata anche dagli altri colossi asiatici come Samsung, SK hynix e UMC, oltre che da tutte le altre aziende dell’ecosistema dei semiconduttori, dai produttori di wafer alle aziende di packaging.
In ogni caso, restano forti dubbi sulla reale fattibilità di uno spostamento massiccio delle fabbriche asiatiche negli Stati Uniti a causa della carenza di manodopera specializzata.
Quello che è certo è che questo terremoto innescato da Trump porterà a un forte aumento dei prezzi dovuto al maggiore costo della produzione negli Stati Uniti.
Secondo un recente report di TSMC, il costo dei wafer prodotti nel suo nuovo stabilimento di Phoenix, in Arizona, è del 28,3% superiore a quello dei wafer prodotti a Taiwan.
In assenza di sussidi governativi alla produzione, oltre che di contributi in conto capitale per gli investimenti, gran parte di questi aumenti ricadrà sul consumatore finale, surriscaldando ulteriormente l’inflazione americana.
Esattamente l’opposto di quanto promesso da Trump in campagna elettorale.
Sicuramente politiche di questo genere consentiranno di raddrizzare il deficit pubblico americano, che ormai ha superato il 120% del prodotto interno lordo e costa a Washington più di 1.000 miliardi di dollari all’anno in interessi.
Resta tuttavia da capire se, per l’economia americana nel suo complesso, i benefici supereranno i costi.
Di certo, quell’ecosistema globale che con la sua complessa catena di fornitura aveva consentito di produrre chip a costi competitivi, da oggi non sarà più lo stesso.