mercoledì, Ottobre 9, 2024
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Alla vigilia del 2024, la nuova edizione della roadmap del Cluster Fabbrica Intelligente: vademecum per le aziende manifatturiere

La Roadmap 2024 di CFI
Gianluigi Viscardi presidente di CFI.

Come possono le aziende manifatturiere decidere, alla luce dei nuovi scenari, quale strategia intraprendere e quali tecnologie implementare per affrontare una realtà così complicata? CFI ha rilasciato un documento, la Roadmap, che rappresenta una “bussola” per imboccare la strada giusta.  

L’andamento della produzione industriale disorienta, e comunque gli ultimi dati 2023 segnano un -2% rispetto all’anno precedente. Il supporto del Pnrr non si sa in quali tempi si manifesterà, visto che Bruxelles rileva l’Italia ancora indietro su molte delle riforme richieste. Il pil cresce poco. E la congiuntura internazionale è a dir poco incerta.

In questo quadro così difficile è ancora più attuale la seconda e recentissima edizione della Roadmap del Cluster Fabbrica intelligente (Cfi), vero e proprio “navigatore” per le imprese manifatturiere e per il decisore politico. Consente alle prime e al secondo di definire strategie per orientarsi in una realtà complessa, condizionata da molteplici sfide, e di investire in tecnologie coerenti con l’obiettivo di dar vita ad una manifattura più reattiva, più resiliente e più avanzata. Il testo completo della roadmap può essere scaricato dal seguente link.

Qui invece si può trovare un video che in soli 4 minuti ne riassume efficacemente i contenuti.

La nuova roadmap: frutto di mesi di lavoro

CFI è l’associazione che, attualmente presieduta dall’imprenditore fondatore di Cosberg Gianluigi Viscardi, riunisce dal 2012 tutti i portatori di interesse del manifatturiero avanzato in Italia: aziende, regioni, associazioni, università ed enti di ricerca. La precedente versione della Roadmap aveva concluso più di un anno fa il suo percorso quinquennale di validità operativa; la nuova “incorpora” tutti i fenomeni, i trend e gli eventi industriali, geopolitici e scientifici che attualmente incidono sulla manifattura.

La Roadmap è il frutto di mesi di lavoro dei Sette Gtts (Gruppi tematici tecnicoscientifici) che fanno capo al Comitato tecnico-scientifico di Cfi, presieduto dal professor Tullio Tolio del Politecnico di Milano. Ne fanno parte i migliori esperti accademici italiani nelle varie aree (designati dai rettori delle università appartenenti al Cluster), rappresentanti delle imprese, delle associazioni industriali, degli enti di ricerca, delle Regioni.

I commenti

Secondo Tullio Tolio tra le maggiori innovazioni della nuova Roadmap, “l’introduzione di orizzonti temporali per consentire al decision maker di definire il modello di intervento finanziario più opportuno e l’attenzione alle transizioni digitali e green”. 

Per Gianluigi Viscardi “La Roadmap è un documento fondamentale per la manifattura italiana, e pertanto dovrebbe avere la più larga diffusione. Tiene conto di un insieme di documenti e di atti europei, come Horizon Europe, come il Chips Act o come Made in Europe. Data la sua valenza strategica, abbiamo pensato di promuoverne la sua divulgazione non solo alle istituzioni e al mondo delle imprese, ma anche alle università e agli istituti tecnici, perché possa crescere una comune cooperazione nella costruzione del manifatturiero del futuro”.

Sei scenari di riferimento per il futuro

La Roadmap individua un insieme di “scenari di riferimento per il futuro”.  Si tratta di sei “sfide” che già stanno attraversando la manifattura: si ritiene che nei prossimi anni assumeranno un rilievo ancora più imponente.

Il primo è quello della mobilità elettrica.

In Italia nel 2022 le auto green hanno raggiunto il 4,2% del parco auto. Secondo la Roadmap, nel Belpaese abbiamo un ricco ecosistema sia di produttori di componenti elettrici che di elettronica di potenza; inoltre possiamo contare sull’esperienza di alcuni poli per la progettazione e l’ingegnerizzazione dei prodotti. Molto importante è anche il ruolo delle imprese di fabbricazione di macchinari per le produzioni industriali proprio dei componenti.

Il secondo è quello dei nuovi modelli di consumo.

Si pensi, ad esempio, alle vendite dei prodotti di lusso. Prima del Covid, il 30-40% di queste era generata dai consumatori in transito e all’estero. Ora si sono imposti i “pop up store” utilizzati dai brand per vendere direttamente sul social; si sottolinea che i cinesi hanno aumentato gli acquisti da oltre confine favoriti da una tassazione molto bassa rispetto ai portali cinesi. Di fatto, grazie alla digitalizzazione, Il comportamento di acquisto online dei consumatori è cambiato in modo permanente, avendo superato gli ostacoli degli scorsi anni.

Il terzo è quello dell’economia circolare.

Qui lo scopo è quello di mantenere il valore di beni, materiali e risorse il più a lungo possibile reintegrandoli nella produzione quando hanno raggiunto la fine del loro ciclo di vita. Si vuole ridurre al minimo la generazione di rifiuti. Il problema è che c’è un costante aumento della domanda delle risorse naturali, dovute anche all’incremento del tasso di urbanizzazione; il consumo di materiali in tutto il mondo crescerà di otto volte entro il 2050.

Il quarto è quello della gestione della conoscenza e di Internet of Actions.

Quest’ultimo è una soluzione che permette di condividere non solo informazioni ma anche sensazioni e azioni grazie alla presenza di sensori e attuatori intelligenti di nuova generazione. La conoscenza si trasmette da remoto anche grazie a queste tecnologie. È richiesto, ovviamente, lo sviluppo di nuove architetture e di dispositivi sempre più efficienti e accurati.

Il quinto è quello delle piattaforme digitali.

Sono le platform che consentono di far incontrare virtualmente consumatori e imprese per interagire e condividere informazioni, soddisfare i bisogni dei clienti e migliorare la capacità di gestire i processi delle aziende. Lo scenario contempla la creazione di nuovi prodotti e servizi da parte degli attori delle platform.

Il sesto è quello dei cambiamenti climatici.

Si punta l’indice contro i combustibili fossili, e si definiscono scenari di sviluppo basati sulle rinnovabili (eolico, fotovoltaico, geotermico, idroelettrico, biomasse). Occorre sviluppare nuove tecnologie per la decarbonizzazione dei processi e per il settore energetico.

Come utilizzare il “navigatore” in tre mosse

I sei “scenari di riferimento per il futuro” generano una grande complessità: le aziende e il decisore politico sono chiamati ad elaborare strategie per contenere le aree di rischio.

Quanto alla strategia, la Roadmap offre un insieme di “linee di intervento” derivanti da necessità di mercato. Si tratta di modalità di risposta alle sfide, ai citati scenari; esattamente, sono la produzione personalizzata, la sostenibilità industriale, la valorizzazione delle persone, e l’alta efficienza e zero-defect. Aziende e decisore politico sono chiamati a “riconoscersi” in una o più di queste azioni da intraprendere; ma nel caso in cui si intenda imboccare una di queste strade, occorre poi definire le tecnologie da sviluppare nei prossimi anni per conseguire il fine. Come fare, nella pratica?

Anche qui, interviene la Roadmap. Questa, infatti, prevede altre linee di intervento, indirizzate dalla tecnologia, che si incrociano con quelle guidate dalla necessità di mercato. Si tratta dei processi produttivi innovativi, della produzione evolutiva e resiliente, delle piattaforme digitali, modellazione, AI, cyber security. La Roadmap, cioè, ha una struttura particolare, con una matrice a doppia entrata: dall’intersecazione tra i due diversi tipi di linee di intervento emergono le priorità della ricerca e dell’innovazione, e quindi gli abilitatori tecnologici da adottare.

Alcuni elementi distintivi della nuova roadmap

Secondo Tolio, un elemento distintivo della nuova Roadmap «è la presenza di orizzonti temporali. “Per ogni linea di intervento sono previste più priorità di ricerca e innovazione; e per queste si definiscono obiettivi a breve, medio e lungo termine. Queste indicazioni sono molto importanti per il decision maker, perché cambiano la tipologia e l’ammontare del finanziamento. Può capitare, peraltro, che il Miur si occupi di finanziamenti a lungo termine, mentre il Mimit di quelli a breve”. Altro elemento distintivo, per Tolio, è la “l’enfasi sull’interazione tra le due grandi transizioni economiche e sociali che stiamo attraversando, quella digitale e quella green. Si intrecciano e comportano una mole considerevole di problemi da risolvere; ma tutto ciò gioca a favore della manifattura italiana. Le aziende del Belpaese, infatti, danno il meglio di sé proprio quando si tratta di trovare rapidamente soluzioni innovative a mutazioni epocali. È accaduto così nel post-Covid, quando l’Italia è riemersa prima e meglio degli altri Paesi”.

Il Cluster Fabbrica Intelligente

Il Cluster Fabbrica Intelligente è nato nel 2012 da un bando del Ministero dell’Università e della Ricerca per la costituzione di cluster tecnologici in Italia, ed è diventato operativo nel 2014.  Nel 2017 il Ministero dello sviluppo economico affida al Cluster il compito di supportare la selezione dei primi Lighthouse Plant, fabbriche eccellenti già operative e “pronte” a sviluppare un progetto articolato e innovativo per diventare smart factory, attraverso l’utilizzo delle tecnologie indirizzate dal Piano Industria 4.0 tra le quali big data, IoT e intelligenza artificiale, anche per abilitare nuovi modelli di business, l’integrazione della filiera e il coinvolgimento del mondo dell’Open Innovation. Ansaldo Energia, Tenova-Ori Martin, Abbe Hitachi Rail sono i primi quattro Lighthouse operativi. A loro se ne sono aggiunti, nel 2021, due: Hsd Mechatronics, del gruppo Biesse, prima media impresa italiana (circa 80 milioni di euro di giro d’affari) a entrare a far parte del Lighthouse Plant Club, e Opificio digitale, con sede a Trieste.