L’obiettivo a lungo termine è sempre quello di affrancarsi dalla dipendenza dell’industria occidentale e conquistare un posto di primo piano nel mercato globale dei semiconduttori.
Con una dotazione iniziale di 344 miliardi di yuan (47 miliardi di dollari circa), ha preso il via la terza fase della National Integrated Circuit Industry Investment Fund, meglio conosciuto come Big Fund, lo strumento utilizzato dal governo di Pechino per sostenere le ambizioni della Cina nel settore dei semiconduttori.
Il fondo non si limita al supporto finanziario, ma integra risorse, orienta gli investimenti privati e promuove la cooperazione lungo la filiera industriale, con un focus su progettazione, produzione, confezionamento e collaudo dei chip.
Le informazioni relative agli azionisti rivelano che la società è detenuta congiuntamente da 19 entità, tra cui il Ministero delle Finanze, China Development Bank Capital, Shanghai Guosheng Group, Industrial and Commercial Bank of China, China Construction Bank e Agricultural Bank of China e Bank of China.
Un cambiamento significativo rispetto alle compagini precedenti è il coinvolgimento di importanti istituti bancari come investitori chiave.
Il lancio della terza fase del Big Fund coincide con una intensificazione delle restrizioni da parte degli Stati Uniti nei confronti della Cina per quanto riguarda l’accesso alle tecnologie più avanzate.
La durata del terzo piano è stata estesa a 15 anni, dal maggio 2024 al maggio 2039, evidenziando una prospettiva di investimento strategico a lungo termine e gli ingenti requisiti di capitale di questo settore.
Il Big Fund non solo fornisce supporto finanziario, ma integra anche risorse, guida gli investimenti di capitale privato e promuove la cooperazione all’interno della filiera industriale. Questi sforzi hanno notevolmente migliorato la competitività complessiva dell’industria dei semiconduttori della Cina. Il fondo svolge un ruolo cruciale nel promuovere le industrie nazionali strategiche, accelerando la ristrutturazione e l’ammodernamento industriale e rafforzando la competitività nazionale.
La prima fase del National IC Industry Investment Fund risale al 2014 ed aveva una portata di circa 130 miliardi di yuan. Il suo obiettivo primario era supportare lo sviluppo dell’industria nazionale dei semiconduttori e ridurre la dipendenza dalla tecnologia dei chip estera. I dati indicano che i suoi investimenti sono stati distribuiti approssimativamente come segue: 67% nella produzione di circuiti integrati, 17% nella progettazione, 10% nel confezionamento e nei test e 6% in attrezzature e materiali, evidenziando il settore manifatturiero come un focus chiave.
La seconda fase del National IC Industry Investment Fund è stata lanciata nel 2019 con un impegno di circa 200 miliardi di yuan, significativamente più consistente della prima fase. Pur continuando a supportare l’industria dei semiconduttori, la seconda fase ha posto maggiore enfasi sui segmenti upstream e downstream della filiera industriale, tra cui progettazione, produzione, confezionamento, collaudo di IC e R&S di apparecchiature e materiali correlati.
Nel corso degli anni, il Big Fund ha costruito un portafoglio molto ampio attraverso investimenti diretti e indiretti, sostenendo la nascita e la crescita di aziende leader del settore come Semiconductor Manufacturing International (SMIC), Hua Hong Semiconductor, Yangtze Memory Technologies e ChangXin Memory Technologies (CXMT).
Non sempre, però, le cose sono andate nel verso giusto, con cattive scelte di investimento che hanno portato a numerosi fallimenti, oltre a casi di corruzione.
Quelli più noti hanno coinvolto Ding Wenwu, ex presidente del Big Fund, e Lu Jun, ex presidente di Sino IC Capital.
Governance, obiettivi e criticità
Per evitare gli errori del passato, a supervisionare l’attuazione del terzo piano sarà la Commissione centrale per la scienza e la tecnologia (CSTC), un nuovo organo di coordinamento del Partito comunista che stabilirà le priorità, garantendo investimenti più oculati e una gestione complessiva più efficace.
A presiedere il fondo sarà Zhang Xin, un veterano del settore, ex ispettore del Ministero dell’Industria e dell’Information Technology, con competenze tecniche e capacità manageriali a cui è stato chiesto di implementare misure anti-corruzione più efficaci.
Con il suo terzo piano di sviluppo, la Cina continuerà a rafforzare la sua capacità di produzione di nodi maturi che l’ha portata a diventare il terzo polo manufatturiero al mondo, affrontando nel contempo alcuni colli di bottiglia che le impediscono di competere con le tecnologie occidentali più avanzate.
In particolare, nel settore delle macchine per la produzione di semiconduttori, dagli scanner litografici ai sistemi per la metrologia e la deposizione, l’industria cinese dipende ancora fortemente dall’estero. L’impossibilità di accedere agli impianti litografici EUV e High-NA EUV, indispensabili per la produzione di chip avanzati (≤ 5 nm) – a cui i cinesi non hanno accesso a causa delle restrizioni occidentali – rischia di accrescere nei prossimi anni il divario tecnologico con le aziende occidentali.
La Cina è anche in ritardo nel software di progettazione, nel packaging avanzato e nelle memorie HBM ad elevata larghezza di banda, settori che, insieme ai chip avanzati, stanno guidando la corsa all’intelligenza artificiale, il nuovo Eldorado dell’industria dei semiconduttori.
Per contro, l’eccessiva capacità produttiva nei nodi maturi rischia di destabilizzare i mercati globali, con una guerra dei prezzi che alla fine potrebbe ritorcersi contro la stessa industria cinese.
Per queste ragioni, il terzo pianto di sviluppo al via in questi giorni appare molto più complesso dei primi due, anche alla luce delle risposte che stanno arrivando dalle altre aree del mondo, in particolare dagli Stati Uniti, dal Giappone e dalla Corea del Sud, che stanno rilanciano le loro capacità produttive con consistenti contributi pubblici. Senza considerare le restrizione all’esportazione di tecnologie occidentali verso la Cina, destinate a crescere all’aumentare del livello tecnologico dello scontro tra le due superpotenze.