venerdì, Dicembre 13, 2024
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Si stringono i tempi per i nuovi impianti produttivi di Intel in Italia, Germania e Francia

Secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg, sarebbe imminente l’annuncio dell’accordo tra Intel e i governi di Germania, Francia e Italia per l’avvio della costruzione di tre impianti per la produzione di semiconduttori nel vecchio continente.

La Germania ospiterà un sito di front-end per la produzione ad alti volumi di semiconduttori (probabilmente nella zona di Dresda, nella Silicon Saxony tedesca) mentre nel nostro paese dovrebbe sorgere un impianto per il test ed il packaging avanzato. La Francia ospiterà invece un centro di ricerca e design.

Le indiscrezioni sono state rilanciate anche dalla Reuters che scrive che Intel e il Governo italiano stanno intensificando i colloqui e che la consistenza dell’investimento nel nostro paese dovrebbero essere di circa 8 miliardi di euro.

Un accordo di queste dimensioni garantirebbe all’Italia il 10% circa degli 80 miliardi di euro che Intel intende investire nei prossimi 10 anni in Europa in nuova capacità produttiva di semiconduttori.

Secondo la Reuters, Intel ha affermato di “avere conversazioni costruttive sugli investimenti con i leader di governo in più paesi dell’UE“, ma ha rifiutato di commentare i colloqui con i funzionari italiani. “Siamo incoraggiati dalle numerose possibilità di supportare l’agenda digitale dell’UE e le ambizioni nel campo dei semiconduttori. Sebbene i negoziati in corso siano riservati, abbiamo in programma di fare un annuncio il prima possibile“, ha affermato la società in una nota.

Le voci raccolte dalla Reuters riferiscono di trattative complesse, con Roma che vuole che Intel chiarisca i suoi piani per l’Italia, soprattutto per quanto riguarda i livelli occupazionali, prima di formalizzare un pacchetto di sussidi.

Queste indiscrezioni hanno lasciato molto perplessi gli addetti ai lavori, specie dopo il recente viaggio del CEO di Intel Pat Gelsinger a Taiwan. Durante gli incontri con i vertici di TSMC, infatti, Intel avrebbe ottenuto l’assicurazione che TSMC riserverà a Intel una importante quota della propria capacità produttiva per i prossimi anni.

Se questi accordi, come sembra, vanno nella direzione di un disimpegno di Intel verso l’attività manifatturiera, non si comprende tutto il fervore per lo sviluppo di un’attività produttiva in Europa. A meno che gran parte degli investimenti non vengano garantiti dai governi dei paesi dove sono previsti i nuovi impianti.

Inoltre, la volontà di Intel di stringere accordi con TSMC nel campo dei processi più avanzati, potrebbe significare l’esclusione di queste tecnologie dai futuri progetti europei. In altre parole, molto probabilmente gli stabilimenti di Intel nel vecchio continente non produrranno chip all’avanguardia, destinati ad essere prodotti dagli impianti di TSMC.

E se l’Europa si accinge a finanziare Intel per aumentare la capacità produttiva di chip di fascia intermedia dell’azienda californiana, non si capisce perché tali finanziamenti non vengano dati ai tre big europei del settore (NXP, ST e Infineon), che potrebbero così aumentare le proprie capacità produttive.

In chiave geopolitica, poi, l’atteggiamento di Intel appare ancora più contraddittorio. Non ha senso infatti sostenere la creazione di nuovi insediamenti produttivi in Europa e negli Stati Uniti al fine di ridurre i pericoli dell’attuale catena di approvvigionamento per poi andare a fare accordi di fornitura con TSMC. Oltretutto dopo aver dichiarato, pochi giorni fa, che “Taiwan is not a stable place”.

Questo atteggiamento di Intel non è nuovo: ieri la società si è scusata con la Cina per aver detto ai suoi fornitori di evitare di rifornirsi dalla regione dello Xinjiang, dove gli Stati Uniti affermano che si stanno verificando violazioni dei diritti umani contro la popolazione musulmana di etnia uigura.

Ci scusiamo per il disagio causato ai nostri stimati clienti cinesi, partner e al pubblico in generale“, afferma la nota di Intel.

Le scuse sono arrivate dopo una serie di pesanti attacchi ad Intel da parte dei media cinesi e di intimidazioni sui social, chiaramente ispirati dalle autorità locali.

Un atteggiamento, quello di Intel, dettato sicuramente dalla necessità di preservare i rapporti con una realtà come quella cinese che rappresenta il 25% delle vendite della società, ma che la dice lunga sull’atteggiamento che molte multinazionali hanno dei rapporti con i paesi dove operano.