giovedì, Maggio 2, 2024
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Ecco la mente che sta dietro al processore da 7 nm di Huawei

La mente del processore 7nm Huawei

L’ex ingegnere di TSMC Liang Mong-Song avrebbe guidato al successo gli sforzi cinesi per padroneggiare l’avanzata tecnologia dei chip che spaventa Apple e Qualcomm. 

Sarebbe in gran parte merito dell’ingegnere taiwanese Liang Mong-Song, Co-CEO di Semiconductor Manufacturing International Corp (SMIC), il traguardo raggiunto dall’industria cinese dei semiconduttori con la produzione del processore Kirin 9000s a 7 nm che equipaggia il nuovo smartphone Mate60 Pro di Huawei lanciato il 29 agosto.

Per questo motivo Liang Mong-Song viene elogiato (video) dagli organi di stampa della Repubblica Popolare di Cina come un eroe dell’industria nazionale dei semiconduttori mentre il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti sta indagando sull’intera vicenda, compreso l’operato di Liang Mong-Song che potrebbe essere sanzionato con il sequestro dei suoi beni negli Stati Uniti.

Del caso si occupano numerosi siti e blog taiwanesi e cinesi, il più noto dei quali, Asia Times, raccoglie in un articolo numerose voci e indiscrezioni sull’argomento.

Come quella di Scoop Taiwan News che ha pubblicato un articolo dal titolo “Gli Stati Uniti stanno indagando sul nuovo chip di Huawei. Un traditore di TSMC potrebbe essere sanzionato”.

Chi ha portato SMIC a realizzare chip da 7 nm? Molte persone hanno puntato il dito contro Liang Mong-Song, che alcuni anni fa era stato accusato da TSMC di aver divulgato segreti industriali”, si legge nell’articolo.

Come possono gli Stati Uniti ammettere la sconfitta adesso? È impossibile“, ha detto ai media l’ex capo della pianificazione della politica estera taiwanese Dale Jieh Wen-Chieh. “Gli Stati Uniti rafforzeranno sicuramente le sanzioni contro Huawei. Questa volta si concentreranno sul contenimento di SMIC”.

Gli Stati Uniti potrebbero penalizzare Liang in conformità con la legge federale“, ha detto Jieh. “Se non visiterà gli Stati Uniti, non subirà alcuna conseguenza ma se possiede beni in quel paese li perderà”.

Da quando è entrato in SMIC, Liang deve essersi già preparato alla probabilità che un giorno sarebbe diventato un nemico degli dell’industria dei chip di Taiwan e degli Stati Uniti“, ha affermato Julian Kuo, noto politico e commentatore taiwanese.

Liang sa chiaramente cosa sta inseguendo in questa vita“, ha detto Kuo. “Il suo stipendio annuale era di soli 1,53 milioni di dollari nel 2021, un valore piuttosto modesto per l’incarico coperto. Dal 2021 ha donato il suo stipendio al suo fondo educativo e ha trascorso molto tempo a coltivare giovani talenti. D’altra parte SMIC ha messo a disposizione di Liang un appartamento da 3,1 milioni di dollari che gli permette di non preoccuparsi di dove vivere”. Kuo ha espresso dubbi sul fatto che Liang possieda beni negli Stati Uniti.



Altri commentatori sottolineano che, se Liang venisse sanzionato, perderebbe i proventi derivanti dai circa 500 brevetti che detiene. Inoltre, sempre più ingegneri statunitensi eviterebbero di lavorare per i produttori cinesi di chip.

Alcuni commentatori della Cina continentale affermano che è irragionevole sanzionare Liang poiché gli Stati Uniti vietano solo ai cittadini statunitensi, non a quelli taiwanesi, di lavorare per i produttori di chip cinesi.

Nato nel 1953 a Taipei, Liang Mong-Song ha conseguito la laurea in ingegneria elettrica presso la National Cheng Kung University e ha continuato i suoi studi presso l’Università della California, Berkeley. Sotto la guida dell’ingegnere americano David Hodges, ha conseguito il dottorato nel 1988.

Successivamente è entrato in AMD e ha partecipato allo sviluppo delle unità di elaborazione K6 e K7 per poi tornare a Taiwan ed è entrato a far parte di TSMC.

Nel 2000, Liang è stato uno dei “sei cavalieri” che hanno aiutato TSMC a sviluppare un chip da 130 nm. Nel febbraio 2009 ha lasciato TSMC e alla scadenza di un periodo di non concorrenza di due anni, è entrato in Samsung con uno stipendio annuo di 4 milioni di dollari.

In seguito, Liang è stato citato in giudizio da TSMC per aver divulgato segreti industriali a Samsung; un rapporto commissionato da TSMC ha dimostrato che i chip di Samsung da 45, 32 e 28 nm utilizzavano tecnologie simili a quelle di TSMC. Liang ha perso la causa nel 2015 ed è entrato a far parte di SMIC nel 2017 con uno stipendio annuo iniziale di 200.000 dollari.

Alla fine del 2020, ha annunciato le sue dimissioni ma in seguito ha cambiato idea dopo che SMIC ha aumentato il suo stipendio a 1,53 milioni di dollari e gli ha concesso un grande appartamento a Shenzhen.



I limiti del traguardo raggiunto dall’industria cinese dei chip

Prosegue nel frattempo il confronto tra esperti sulla reale importanza dell’obiettivo tecnologico e commerciale raggiunto da SMIC con la produzione del nuovo SoC a 7 nm.

Ci si domanda innanzitutto quale potrà essere la capacità produttiva di SMIC con le attuali attrezzature utilizzate per fabbricare il chip, con particolare riferimento agli scanner DUV ad immersione che per arrivare a questo risultato debbono impiegare la meno performante tecnologia multi-patterning, un processo più complesso e meno performante rispetto a quello garantito dalla tecnologia EUV ma che, ad esempio, è stato utilizzato da TSMC per i suoi nodi N7 e N5 cinque o sei anni fa.

Da allora, la tecnologia di queste macchine è migliorata notevolmente in termine di precisione e capacità produttiva, così come sono migliorati i processi del multi-patterning. È opinione diffusa, pertanto, che SMIC riuscirà a produrre milioni di questi SoC, specie se nel frattempo sarà riuscita a procurarsi un numero adeguato di scanner.

I timori di Apple, Samsung e Qualcomm

I chip prodotti saranno sufficienti a impensierire Apple, Samsung e Qualcomm? Difficile dirlo, ma la storia insegna che le politiche di dumping messe in atto dalla Cina in altri settori tecnologici possono stravolgere gli equilibri dei mercati globali anche in assenza di una superiorità o semplicemente di una parità tecnologica.

Probabilmente, a seguito di questa vicenda, gli Stati Uniti imporranno nuove sanzioni impedendo l’acquisto di ulteriori sistemi DUV avanzati e ponendo dei limiti anche al loro impiego. Questi sistemi, infatti, hanno bisogno di costante manutenzione, aggiornamenti e pezzi di ricambio garantiti dai produttori occidentali, in particolare ASML e Nikon. Gli Stati Uniti potrebbero prendere in considerazione anche una stretta alla fornitura delle maschere fotolitografiche e degli strumenti software di progettazione dei chip (EDA).

D’altra parte, le attrezzature prodotte in Cina non sono ancora in grado di supportare le ambizioni tecnologiche del paese del Dragone; se anche fosse vero, come annunciato da alcuni media cinesi, che Shanghai Micro Electronics Equipment Group (SMEE) sarà in grado di fornire scanner con capacità di 28 nm entro la fine dell’anno (i prodotti attuali arrivano a 90 nm), saremmo ancora molto lontani dalle attrezzature necessarie per la produzione di chip a 7 o 14 nm.

Per non parlare, ovviamente, dei nodi di processo ancora più avanzati, 5, 4 e 3 nm per i quali sono necessarie gli scanner EUV che hanno richiesto oltre 20 anni di sviluppo per vedere la luce e la cui vendita in Cina è rigorosamente vietata.

Uno sguardo al futuro

In conclusione, se la Cina è riuscita a produrre chip avanzati con nodo di processo a 7 nm riducendo il divario con la tecnologia occidentale a 2-3 generazioni, per il futuro non saranno possibili ulteriori miglioramenti, almeno finché dureranno le limitazioni all’esportazione di macchine EUV.

Sullo sfondo resta l’enorme sforzo che la Cina sta facendo per potenziare la sua capacità produttiva di nodi maturi: attualmente la Cina sta costruendo ben 23 fabbriche da 300 mm che, una volta operative, potrebbero garantire al paese la quasi autosufficienza nei nodi di processo dai 14 nm in su.

Più che i chip avanzati a 7 o 5 nm, è probabilmente questo il vero pericolo per l’industria dei semiconduttori dei paesi occidentali. Dei 200 miliardi di semiconduttori importati dalla Cina ogni anno, più della metà riguardano infatti prodotti maturi, una importante fetta di mercato che i produttori di USA, Europa e Asia potrebbero perdere.