lunedì, Ottobre 13, 2025
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Sale lo scontro sulle terre rare tra USA e Cina: crollano le tech globali per la minaccia di dazi al 100%

Terre rare: scontro USA Cina

Ieri sera le azioni delle grandi aziende tecnologiche sono crollate in tutto il mondo dopo che Trump ha dichiarato di voler imporre un’ulteriore tariffa del 100% sulle importazioni dalla Cina, insieme a controlli sulle esportazioni di software prodotti negli Stati Uniti.

La seduta di Borsa di ieri sembrava destinata a chiudersi con un ennesimo rialzo dei principali titoli tecnologici. NVIDIA, per esempio, in mattinata stava aggiornando i massimi, toccando quota 195,24 dollari. Poi, all’improvviso, il comparto ha virato bruscamente in negativo, con cali consistenti su tutti i listini. L’S&P 500 ha chiuso a -2,71%, il Nasdaq a -3,56% e il Philadelphia Semiconductor Index a -6,32%, segnando la peggiore performance giornaliera dal 10 aprile.

I titoli più colpiti a Wall Street e in Europa

Tra le big cap statunitensi, NVIDIA ha perso il 4,89%, AMD il 7,72%, Qualcomm il 7,29%, TSMC il 6,41%, Broadcom il 5,91% e Intel il 3,78%. Tra le europee quotate a New York, ASML ha ceduto il 4,52%, ARM il 9,29%, NXP il 7,25%, STMicroelectronics il 5,54% (con un recupero del 2,24% nel dopoborsa). A Francoforte, Infineon ha chiuso in calo del 3,94%.



Le dichiarazioni di Trump che hanno cambiato il sentiment

A innescare la brusca inversione è stato un post, seguito poi da un secondo, pubblicato dal Presidente Donald Trump su Truth Social. Nel primo messaggio, Trump ha affermato che la Cina avrebbe inviato “lettere ostili” ai Paesi per imporre controlli stringenti sulle terre rare e su elementi correlati, definendo la mossa “sinistra e ostile”.
Per questo motivo, ha aggiunto di stare valutando un forte aumento dei dazi sulle importazioni dalla Cina e di non vedere più motivo di incontrare il presidente cinese Xi Jinping tra due settimane al prossimo APEC in Corea del Sud, come precedentemente previsto. Il post, pubblicato alle 16:57 (ora di Roma), ha provocato un repentino cambio di rotta sui mercati globali. A peggiorare il quadro, alle 22:50 è arrivato l’annuncio di un’ulteriore tariffa del 100% su tutte le importazioni dalla Cina e di nuovi controlli sulle esportazioni di software essenziali prodotti negli Stati Uniti, con effetti particolarmente pesanti nel dopoborsa.

Cosa prevede la nuova stretta di Pechino sulle terre rare

Secondo le misure annunciate da Pechino, dopo le restrizioni introdotte ad aprile, le entità straniere devono ora ottenere una licenza per esportare prodotti contenenti terre rare quando il contenuto supera lo 0,1% del valore della merce. Serviranno autorizzazioni anche qualora vengano utilizzate tecnologie cinesi per estrazione, raffinazione o riciclo dei magneti.
Per la prima volta, poi, le norme fanno riferimento diretto anche ai semiconduttori: è prevista una “approvazione caso per caso” per le esportazioni di terre rare per la progettazione e la produzione di semiconduttori avanzati, tra cui chip logici con nodi di processo uguale o inferiore ai 14 nanometri e chip di memoria con 256 o più strati, nonché apparecchiature e materiali correlati per questi semiconduttori.



Impatto potenziale sulla filiera dei semiconduttori

Si tratta di norme particolarmente severe. Il timore che una carenza di questi materiali possa creare colli di bottiglia nella produzione di semiconduttori negli Stati Uniti e nei Paesi alleati ha spinto la Casa Bianca a reagire, innalzando il livello dello scontro commerciale tra le due maggiori economie mondiali. Le restrizioni cinesi potrebbero incidere sulla capacità produttiva di fonderie e aziende fabless, con effetti a cascata su tempi di consegna, costi e pianificazione degli investimenti.

Chi guadagna dalla crisi: i produttori USA di terre rare

In un quadro fortemente negativo per il tech, hanno beneficiato dell’annuncio le società coinvolte nella produzione e lavorazione domestica di terre rare. Negli Stati Uniti, MP Materials è salita dell’8%, USA Rare Earth del 5%, Energy Fuels del 3% e NioCorp Developments del 5%. Gli investitori hanno letto la stretta cinese come un potenziale vantaggio competitivo per gli operatori americani della filiera dei magneti e dei materiali critici.

La nuova strategia USA per ridurre la dipendenza dalla Cina

Dall’inizio del secondo mandato di Trump, Washington ha accelerato sulla costruzione di una catena di approvvigionamento nazionale per le terre rare, ma serviranno anni per colmare il divario con la Cina. Al centro del piano c’è MP Materials, l’unica realtà mineraria e di lavorazione su vasta scala negli Stati Uniti, che ha siglato accordi rilevanti con il Dipartimento della Difesa e con Apple.
La partnership pubblico-privata prevede investimenti per diversi miliardi, con l’obiettivo di creare una filiera integrata dei magneti di terre rare negli USA. Il DoD ha annunciato il sostegno a MP Materials attraverso l’acquisto di 400 milioni di dollari in azioni privilegiate di nuova emissione, che potrebbe portarlo a detenere fino al 15% del capitale, e un prestito da 150 milioni per espandere la separazione delle terre rare pesanti nello stabilimento di Mountain Pass (California).



Le aziende più esposte: fonderie, memorie e chip AI

Le nuove restrizioni cinesi potrebbero colpire in misura significativa realtà come TSMC e i produttori coreani di memorie, Samsung e SK hynix, la cui catena di fornitura dipende per una quota ancora rilevante (stimata attorno al 30–40%) da materie prime e lavorazioni cinesi. Le ricadute potrebbero estendersi ai chip AI di NVIDIA e AMD, ai processori per smartphone di Apple e MediaTek e a numerosi altri dispositivi avanzati prodotti da TSMC per conto di clienti globali.

Perché Pechino alza i toni proprio adesso

A pochi giorni dal possibile incontro tra Trump e Xi, la mossa di Pechino – la più dura di sempre su questo fronte – solleva interrogativi su tempi e obiettivi. Secondo alcuni analisti, la Cina cerca di sfruttare la sua posizione dominante nelle terre rare come leva negoziale rispetto al dossier dazi, prima che Stati Uniti e alleati riescano a ricostruire filiere alternative, indebolendo il vantaggio cinese. Per altri, l’obiettivo è rallentare l’entrata a regime degli impianti TSMC negli USA e ribadire la propria sovranità industriale in un contesto che ha ormai assunto i contorni di una vera e propria guerra commerciale.

Le prossime settimane diranno se il faccia a faccia tra Trump e Xi — sempre che avvenga, alla luce dei ripetuti cambi di rotta del Presidente USA — potrà allentare la tensione o inasprirla. Nel frattempo, la volatilità resta elevata e di questa situazione potrebbero tratte beneficio i trader che in queste ore hanno l’occasione di acquistare azioni tech scontate tra il 5 e il 10%.